domenica 28 agosto 2016

RACCONTO: TAVOLINO


Sei appena uscito dall’ufficio.
E’ tardi, il tuo capo, ancora una volta, ti ha trattenuto un ora in più, ovviamente senza pagarti gli straordinari.
Cammini per la strada e ti senti uno zombie. Le gambe conoscono la strada e ti porteranno a casa.
Imbocchi la galleria pedonale che ti farà risparmiare qualche metro.
C’è molta gente in giro. Tutti sorridono, sono felici, o almeno lo sembrano.
Stai sudando copiosamente dentro il tuo completo da quattro soldi comprato in saldo.
La cravatta ti sta strozzando, apri il bottone del colletto e la allenti.
La testa ti scoppia.
Le voci di tutte quelle persone irrazionalmente contente ti assordano.
Passi davanti ad un bar con i tavolini esterni.
C’è un mucchio di gente. Tutti che brindano ad una salute che non potrà proteggerli da una certezza inevitabile.
Sei stanco, non fisicamente. Sei stufo di tutto questo.
Stufo delle regole, stufo dell’etichetta, stufo delle consuetudini.
Avanzi barcollando come se sule tue spalle reggessi il peso del mondo, invece sei l’ultima ruota di un carro impazzito senza conducente.
Sei un paria, un servo della gleba. Una piccola formichina a cui la società chiede solamente di fare il suo lavoro senza dargli spiegazioni.
Un ape operaia il cui scopo ultimo è essere un piccolo pezzo in un gigantesco puzzle.
Sedute ad un tavolino tondo in ferro battuto ci sono due donne.
Bionde entrambe, e circondate da un aura di sicurezza e irraggiungibilità.
Quella che ti da le spalle ha una sigaretta incastonata tra medio e anulare della mano destra.
Nonostante la donna seduta di fronte sia molto bella, la tua attenzione è completamente riversata verso la figura di schiena.
Il suo essere celata ti affascina.
Hai due alternative: tornare nel tuo monolocale e consumare, in solitaria, un pasto frugale davanti allo schermo di un computer oppure fermarti in quel bar e scoprire il viso della donna del mistero.
Trovi posto in un tavolino che ancora non ti permette di vederla in faccia.
La debole luce del lampione è l’unica illuminazione disponibile.
Le due donne stanno parlando, ma tu non le senti.
Si avvicina un cameriere chiedendoti cosa vuoi da bere.
Ci pensi qualche secondo e poi opti per un chinotto.
Una birra sarebbe stata banale, il vino lo bevi solo a pasto e non sei un amante dei superalcolici.
Lei si muove mentre parla.
Le sue spalle ondeggiano.
Spegne il mozzicone nel posacenere e si piega a prendere qualcosa nella borsa.
La luce fioca evidenzia il suo profilo.
Il naso sottile, la bocca sorgente e il mento pronunciato.
Dura un attimo e poi svanisce.
Dai vestiti che indossa deve essere benestante, forse ricca di famiglia.
Noti che l’anulare sinistro è nudo. Buon segno.
Poi d’un tratto succede qualcosa.
La sua amica si alza, la saluta e se ne va.
Lasciandola lì da sola.
Il provvidenziale evento ti sorprende, cogliendoti impreparato.
Hai un occasione, ma non carte da giocare.
Cosa puoi offrire ad una donna del genere?
Non hai mai visto il suo viso ma ti sembra quasi di conoscerla.
Infanzia agiata, scuole private, adolescenza turbolente e adesso seduta in un bar a monopolizzare l’attenzione del pubblico maschile.
Tuttavia in lei c’è qualcosa che ti intriga.
La possibilità di poter ambire ad una donna di serie a accende in te una sorta di spirito di rivalsa.
Nei confronti di chi ti ha sempre detto che non valevi niente, di chi non calcolava le tue idee, le tue ambizioni.
Nei confronti dei ragazzi che a scuola nell’ora di ginnastica ti sceglievano per ultimo.
Nei confronti di tutte quelle ragazze che non hanno mai corrisposto i tuoi sentimenti.
Quella donna simboleggia tutto questo.
Incarna nel suo metro e settantacinque, meno dieci di tacco, una vita di frustrazioni e sogni mai realizzati.
Bevi il tuo chinotto come se quella soda agrumata potesse aiutarti in qualche modo.
Prendi coraggio e ti alzi.
Circumnavighi il suo tavolino e, mentre lei si sta accendendo un'altra sigaretta, le chiedi se puoi sederti.
Lei non è sorpresa. Il suo sguardo è vuoto.
Il suo viso è esattamente come te lo eri immaginato.
Una faccia da modella.
Sei sicuro che a casa abbia foto di se stessa incorniciate e appese al muro.
Negli anni, molti ragazzi devono averci provato con lei con la scusa di confezionarle un servizio fotografico.
Ti squadra dall’alto al basso, molto lentamente.
Mentre lo fa l’angolo sinistro della sua bocca si alza in un ghigno.
Espira il fumo della prima boccata.
Si passa la lingua tra i denti.
Siete uno davanti all’altra in totale silenzio.
Sorride guardandoti e dice: “Tu non hai speranze con me.”
Si alza e se ne va.


Cantoni Marco

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