mercoledì 23 novembre 2016

RACCONTO: LA PANCHINA


Sono le sei del pomeriggio. Un tratto di lungadige isolato e ombroso.
Il vento della Verona autunnale piega le fronde degli alberi.
Decine di panchine in ferro sono schierate con innaturale simmetria.
Tutte libere, tratte una. L’uomo che la occupa indossa un completo grigio.
Il suo sguardo è fisso, nella direzione del fiume. La poca luce rimbalza sull’acqua che scorre dipingendo sensazioni nell’aria.
Il taglio di capelli, da regolare, rende il viso dell’uomo ancor più corrucciato di quanto non lo sia di per sé.
È seduto su quella panchina da quasi due ore. I suoi pensieri vagano senza meta. O meglio una meta c’è l’avrebbero, ma lui non vuole raggiungerla. Troppo dolore, troppe illusioni, troppe aspettative irrealizzate. Nelle due ore in cui è stato lì seduto non ha visto o sentito anima viva. Nessuna persona, nessun cane, nessun gatto randagio, nessun topo, nemmeno un piccione infreddolito.
Soltanto nelle ultime due ore ha pensato al suicidio 3 volte. Ma non ne avrebbe mai avuto il coraggio. La sua voglia di vivere è troppo forte.
Si passa la mano sulla fronte gelata e si sistema, come può, i capelli selvaggi.
Ad un certo punto sente dei passi lenti e costanti.
Non ha né la forza né la voglia di alzare lo sguardo per vedere a chi appartengono le suole che hanno prodotto quei rumori.
I passi si fanno sempre più vicini e la figura a lui misteriosa gli si siede accanto.
Dopo pochi secondo gli fa:
-“Amico c’è l’avresti una sigaretta?”.
Senza neppure alzare lo sguardo l’uomo gli risponde:
-“Mi dispiace, non fumo”.
Passano alcuni secondi e il tizio incalza:
-“Non avresti qualche moneta da darmi?”
Solo allora si decide ad alzare la testa. Alla sua sinistra è seduto un uomo sui cinquanta dall’aria trasandata. La barba, sebbene non lunghissima, è malcurata ed emana un odore forte.
La scarpa destra non ha niente a che vedere con quella sinistra, non solo sono modelli diversi, ma probabilmente anche di misure differenti.
Il cappotto marrone invece sembra di ottima fattura, sul bavero sono anche ricamate delle iniziali, F.G.
I due si guardano negli occhi per almeno 20 secondi, un eternità.
L’uomo a quel punto risponde:
-“Ti do 100€ se mi racconti la tua storia. Anzi una storia qualsiasi, basta che te la inventi e che sia interessante”.
Il senzatetto ci pensa un attimo su. Si guarda in giro per controllare che non sia uno scherzo.
Non vedendo nessuno in giro e guardando che il tipo non scherza, accetta e gli dice sorridendo:
-“Bene amico, mettiti comodo, ne conosco una buona.”

Siamo a San Francisco, California.
Un ragazzo pakistano sta lottando nel traffico per effettuare una delle prima consegne della giornata. Lavora per uno dei più importanti corrieri postali degli Stati Uniti. La paga è ridicola, ma sempre meglio che morire di fame.
Arrivato all’indirizzo suona il citofono. Risponde una voce femminile.
Entra nel portone e sale due piani di scale prima di recapitare la merce alla moglie del protagonista di questa storia.
Hellen firma con il dito sullo smartphone del pakistano e rientra in casa.
Hellen si sta preparando per uscire e appoggia il pacco, ancora chiuso, sul tavolo del salotto.
Jimmy, il vero protagonista della storia, si sta facendo la barba.
Finisce di prepararsi ed esce di casa con i due figli piccoli. Come tutte le mattine li accompagna a scuola prima di andare in ufficio. Sono nel SUV di Jimmy  imbottigliati nel traffico mattutino della Silicon Valley. Jimmy sta ascoltando il notiziario alla radio.
Quando Susan, la figlia di 13 anni, annoiata cambia frequenza e si sintonizza su un'altra stazione. Jimmy non se la prende, Susan è la sua preferita e, a dire il vero, si sta accorgendo di viziarla un po’ troppo.
Tra una hit commerciale e un'altra passano i soliti spot pubblicitari: dentifricio, auto sportiva, rasoio elettrico, biscotti,…Il tutto condito con musichette e jingle accattivanti.
Finalmente arriva davanti alla scuola dei figli e li saluta.
Continua la sua routine quotidiana dirigendosi verso il suo ufficio.
Parcheggia al solito posto, esattamente sotto ad un cartellone pubblicitario. Deve essere nuovo perché non si ricorda di averlo già visto.
Prende l’ascensore e arrivato al piano si siede dietro la scrivania che conosce bene.
Il suo è un lavoro molto abitudinario, che consiste nel valutare pratiche assicurative e inoltrarle ad un altro ufficio. Un piccolo anello di una gigantesca catena che muove gli ingranaggi della società per cui lavora. Queste erano state le parole usate dal suo superiore, dieci anni prima quando lo aveva accolto in quel mastodontico stanzone grigio.
L’uso dei social networks in orario d’ufficio non è consentito, infatti nel browser dei computer aziendali è stato inserito un blocco apposta. Jimmy deve usare internet per consultare le linee guida e i precedenti assicurativi, in modo da sapere come etichettare ogni pratica.
La cosa che infastidisce di più Jimmy è la presenza di banner pubblicitari nelle pagine che deve consultare. L’ha fatto presente al suo superiore diverse volta, ma non ha ottenuto nessun risultato.
Durante la pausa pranzo consuma un’insalata veloce al tavolo con alcuni suoi colleghi. Mentre parlano pensa ad altro, non pone molta attenzione ai loro discorsi.
La giornata di lavoro continua e si conclude come al solito.
A Jimmy tocca rituffarsi nel traffico selvaggio delle 18. Mentre è bloccato in un ingorgo apre l’app di uno shop online e da un’occhiata alle offerte del giorno.
Il suo occhio cade distratto su di un nuovo modello di rasoio elettrico scontato del 40%.
Gli sembra un’ottima occasione e lo compra con un solo click.
Arriva eroicamente a casa e si distende sul divano in pelle che deve ancora finire di pagare.
Vede il pacco consegnato quella mattina che troneggia sul tavolo in vetro.
Si alza stancamente e lo apre.
Il contenuto lo lascia basito. Nella scatola di cartone, circondato da carta per imballaggi, si trova il rasoio elettrico che ha appena comprato.
Jimmy è confuso.
Molte idee passano per la sua mente. La prima ipotesi è che l’azienda da cui ha comprato il rasoio stia sperimentando un nuovo metodo di consegna a domicilio ultra veloce.
Allora va dalla moglie è le chiede quando è arrivato il pacco che si trova in salotto.
Quando lei gli risponde che è lì da quella mattina, Jimmy ripiomba nella paranoia.
L’unica cosa che gli viene in mente di fare è ricapitolare la sua giornata mentalmente.
Pensa e ripensa alle azioni che l’hanno portato a comprare quel rasoio.
Ci prova ma non gli viene in mente niente. Come per magia a un certo punto della giornata è nato in lui una insaziabile necessità di possedere quel rasoio.
Poi inizia a capire. Alla radio quella mattina in macchina, quando Susan ha cambiato stazione, ha sentito lo spot con il jingle accattivante.
Poi nel parcheggio aziendale ha notato il cartello proprio sopra la sua auto, e fatalità si trattava proprio di quel rasoio. Si ricorda anche vagamente di aver notato il marchio in uno degli odiatissimi banner presenti sul browser del computer da lavoro.
Ma gli manca qualcosa, è come se avesse la percezione che qualcuno a lui vicino gli abbia consigliato l’acquisto. È allora che ricorda l’argomento della conversazione dei suoi colleghi in pausa pranzo. Quella conversazione che neanche stava ascoltando.
Eppure quel seme era cresciuto nella sua testa fino a produrre un desiderio spasmodico per quel prodotto.
Questo spiegava il perché Jimmy avesse acquistato quel rasoio, ma non il motivo per il quale quello stesso rasoio fosse arrivato a casa sua già quella mattina.
Com’è possibile che mi consegnino un prodotto prima ancora che io abbia pensato di comprarlo?
Questi pensieri lo attanagliano per tutta la notte, che ovviamente passa senza che Jimmy riesca a chiudere occhio.
Continua a trascorrere la sua monotona vita ma adesso Jimmy è attento a tutti i dettagli che lo circondano.
Ad un certo punto sembra essere convinto di vivere in uno di quei romanzi distopici che ama tanto.
Ma inizia a dubitare del suo stesso amore per la fantascienza, se anche quella sua passione fosse dettata da un lavaggio del cervello?
Se il suo stesso stile di vita fosse un algoritmo prestabilito e modellabile attraverso perverse azioni di marketing subliminali?
Se in tutta la sua esistenza non avesse mai fatto una scelta che fosse veramente sua?
Se ci fosse un unico burattinaio che muove i fili e condiziona le vite di tutti i poveri stolti come Jimmy?
E se l’idea stessa del burattinaio fosse stata instillata nella mente di Jimmy o di chi ti sta raccontando questa storia?
Dopo una settimana Jimmy non c’è la fa più, ogni frase che qualcuno gli rivolge, ogni fatto che gli accade, ogni pubblicità che vede gli provoca tremendi attacchi di panico.
Un giorno mentre sta tornando a casa dal lavoro e sta percorrendo il Golden Gate Bridge, accosta, scavalca la balaustra e si butta.
Con un unico ultimo pensiero nella testa: “Mi hanno condizionato anche nel modo di suicidarmi”.


L’uomo è rimasto scosso dal racconto del senzatetto.
Non sa bene come interpretarla. Sicuramente è infarcita di stereotipi e critica al consumismo e al capitalismo in generale. Ma il modo in cui il senzatetto l’ha raccontata lo ha colpito.
Lo inquieta il particolare tempismo, infatti è strano che proprio in un giorno in cui pensa più volte al suicidio, arrivi uno sconosciuto a raccontargli una storia che si risolve proprio con questo gesto categorico.
L’uomo consegna la banconota da 100 al barbone e gli chiede preoccupato:
-“Perché mi hai raccontato proprio questa storia?”
Il senzatetto mette intasca il denaro e mentre si allontana gli dice:
-“Dovresti averlo capito”.


Cantoni Marco